sabato 21 aprile 2012

Lettera aperta, non indignata, alla presidente della SIOMI

Che gli omeopati siano particolarmente suscettibili non è novità. Sembrano molto più iracondi dei loro colleghi "allopatici" e si indignano con estrema facilità.

Se così fossero i medici non omeopati sai che caos...quanti attacchi alla medicina (molto più numerosi di quelli all'omeopatia)? Quante false notizie e posizioni allarmanti? I medici continuano a fare il loro lavoro, esiste la libertà di scelta ed ognuno è libero di credere o meno alle notizie pubblicate in rete. Gli omeopati invece no. Appena qualcuno si permette di criticare le loro credenze o di spiegare le basi dell'omeopatia inizia una sorta di isteria collettiva, si dicono indignati, offesi, allibiti.
Potrei rispondere che anche io sono allibito quando vedo colleghi che prescrivono granuli di zucchero per curare malattie ma il rispetto e la deontologia medica mi dicono di non criticare mai un collega.

Posso naturalmente criticare e discutere le sue idee ma senza attaccare la persona (che poi sarebbe anche una base dell'educazione e della convivenza civile).
Questo, chissà perchè, non vale per gli omeopati e quando qualcuno si permette di dire che l'omeopatia è acqua (sai che rivelazione...) ecco che persino le società omeopatiche entrano in fibrillazione.
Sembra quasi di toccare un (grande) nervo scoperto. La loro "scienza" non si tocca, nonostante non vi sia alcuna plausibilità né alcuna prova di funzionamento dei grani ultradiluiti guai a dirlo, peggio ancora se "in pubblico". Peggio dei bigotti direbbe qualcuno.
Tutto è nato per un mio articolo su "Il Fatto Quotidiano", testata on line con la quale collaboro da qualche settimana, che commentava la recente proposta di applicare le norme europee anche per i prodotti omeopatici. Bella notizia, ho scritto, finalmente un po' di chiarezza sui famosi granuli di zucchero venduti in farmacia, una garanzia per il consumatore, in fondo.

Il mio articolo non rivelava nessun segreto, non raccontava alcuna rivoluzione. L'argomento principale era "nei granuli omeopatici oltre la 12CH non vi è alcun principio attivo, c'è solo zucchero".
Ma questa mia (banale) affermazione (e non sono certo io ad averlo scoperto) ha causato la crisi del mondo omeopatico italiano, quasi svegliatosi da due secoli di sonno (della ragione?) entra in fibrillazione ed addirittura è il presidente della SIOMI (Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata), Simonetta Bernardini, a muoversi a nome dei suoi iscritti pubblicando una "lettera aperta" (indirizzata al direttore del "Fatto Quotidiano") per protestare contro i presunti attacchi dell'"arrabbiato popolo dei blog" (eh?) nei confronti dell'omeopatia.
Quale onore per me scoprire che le mie parole abbiano scomodato un'intera società medica...
La dottoressa Bernardini pubblica il suo grido di indignazione nel sito "Omeopatia33" riservato ai medici, eccolo:

 Informazione, media e crociate anti-omeopatiche

di Simonetta Bernardini
Cresce il fuoco anti-omeopatia nelle pagine dei blog. Fioccano le prese di posizione contro, sollecitate da qualche articolo del giornalista di turno e fomentate da un popolo di frequentatori dei blog compatti e determinati a scrivere contro questa medicina. Purtroppo, quel che manca è la minima parvenza di documentazione: si scrive così, tanto per dire qualcosa, e se c'è da attaccare l'omeopatia tanto meglio. Si scrive, allora, con parole grasse, quasi una psicoterapia del blog. Chi è arrabbiato si sfoga e l'omeopatia è un'ottima vittima sacrificale.
Ultimamente leggiamo due articoli sulla pagina online de "Il Fatto Quotidiano" che sconcertano non tanto per i contenuti contrari all'omeopatia, ma per i toni e i modi con i quali tali contenuti vengono esposti dai giornalisti. Che dire, infatti, di Bellelli che definisce l'omeopatia "cialtroneria ideologica" oppure del Di Grazia che parla di "stregonerie" e reitera l'errore che fu di Garattini ("Nei medicinali omeopatici non c'è mai nulla"), ignorando i milioni di molecole di principio attivo contenuti nelle diluizioni molecolari. Giornalisti che fanno impressione per la mancanza di conoscenze della materia. Quotidiani che fanno impressione per la scelta di mascherare una crociata con la parvenza di una "informazione".
La SIOMI, evidenziando l'assoluta mancanza di contraddittorio nella gestione di quel giornale, a differenza di altri grandi quotidiani che hanno speso ospitato la voce dei favorevoli e dei contrari (informazione, appunto), ha inviato una lettera privata al Direttore de Il Fatto Quotidiano. Come era prevedibile la lettera è stata ignorata, pertanto la Società ha optato per una lettera aperta. Certamente non si contesta l'opinione contraria, ma la manipolazione che si vuole fare dell'informazione quando essa prescinda dalla documentazione e dal diritto di replica.


Il problema è che, come al solito, gli omeopati (la dottoressa Bernardini evidentemente parla a loro nome) rispondono a cose mai dette, fanno giri di parole, usano argomenti che non hanno nulla a che fare con l'articolo "criticato" ed aggirano il problema senza preoccuparsi minimamente dei fruitori dell'omeopatia, i pazienti. Leggere la "lettera aperta" è il corollario dei luoghi comuni e delle "supercazzole" omeopatiche ed è incredibile come tutto questo provenga dal presidente di una delle più rappresentative società di omeopati. Non mi indigno, figuriamoci, ma tutto questo un po' mi lascia perplesso...

Ma andiamo per ordine.

Ecco la "lettera aperta" del presidente della SIOMI a proposito del mio articolo:
Egregio Direttore,
leggiamo con sgomento gli articoli contro l’omeopatia e contro i suoi cinque milioni di utenti in Italia, per non parlare delle migliaia di medici che hanno scelto di utilizzare nella loro pratica quotidiana anche questo strumento di cura.
Come mai un giornale come il Suo per il quale molti simpatizzano, noi compresi, in Italia per la sua innegabile attenzione a scansare formalismi e pensieri convenzionali, di facciata, si schiera così apertamente contro una medicina?
I medici che si avvalgono della medicina omeopatica non hanno rifiutato l’ortodossia ma certamente sono più sensibili a riconoscerne i limiti; i cittadini che si curano anche con l’omeopatia hanno una visione della loro salute più partecipativa (enpowerment?) più esigente verso la qualità della vita, ma spesso essi sono, semplicemente, malati cronici che non si rassegnano a stare male e basta, a essere solo “pazienti” (appunto), in quanto sopportatori di effetti collaterali di farmaci che non gli danno alcuna speranza di guarigione.
Le domando: quanti di questi cittadini esigenti sono lettori del suo giornale? E che utilità può avere offenderli così? “Ciarpame ideologico” tuona Bellelli? Come definire altrimenti articoli così faziosi come quello di Bellelli o quello di Di Grazia? Belle penne che scrivono ignorando di cosa stiano parlando, alimentando un’arena che si aggira sui blog annusando l’arrivo della “carne”...
Cosa ne sanno i Suoi giornalisti dell’omeopatia? Del nostro lavoro di medici. Chi siamo? Lo sanno, ad esempio, che l’omeopatia è già in molti ospedali in tutto il mondo e anche in Italia? Lo sanno, ad esempio, che chi le sta scrivendo, indignata, è una pediatra, endocrinologo, che ha trascorso venti anni della propria carriera nel servizio sanitario pubblico? Che le molte centinaia di medici che con queste parole rappresento, sono per lo più medici del servizio pubblico ogni giorno in corsia in università o in ospedale, negli ambulatori di medicina generale o di pediatria del territorio, medici due volte, perché hanno scelto la Medicina Integrata, perché hanno scelto l’alleanza tra strumenti di cura? “Penne” responsabili e attente che guardano i pazienti negli occhi e che ci pensano bene quando scrivono su una ricetta un farmaco chimico e/o un medicinale omeopatico?
Due le soluzioni che mi vengono in mente.
Potremmo, noi migliaia di medici esperti anche in omeopatia, stampare le pagine del Suo giornale e appenderle nei nostri studi a disposizione dei cittadini che si avvalgono anche dell’omeopatia. Una lettura che, certamente, tornerà prepotentemente alla memoria la mattina davanti all’edicola; un malessere ineludibile davanti al vostro giornale. E questo può essere un modo di fare informazione.
Oppure, potrebbe, Lei, scegliere di divulgare informazione con il Suo giornale anziché propinare ideologia. In tal caso il Suo giornale potrebbe scegliere di documentarsi meglio: cosa sono i medicinali omeopatici? E’ proprio vero (perché non è vero) che c’è solo acqua fresca? E’ proprio vero (e non è vero) che non vi sono basi scientifiche, che non c’è letteratura scientifica? E’ proprio vero (ma non è vero) che siamo davanti ad un movimento di “visionari”?
In tal caso, a nome della più rappresentativa Società scientifica di Medicina Integrata io sono a sua disposizione. Con, mi perdoni, traballante stima, saluti cordiali.
Simonetta Bernardini, Presidente SIOMI

La collega per andare contro le "crociate" ha scritto forse con troppa foga.
Non si spiegherebbe in altro modo la mole di inesattezze, fallacie ed errori che compie scrivendo questa "lettera". Sarà indignata ma un medico non deve mai farsi prendere dalla rabbia rischiando di compiere errori di valutazione.

Indignados
Prima di tutto non si capisce perchè la collega debba "attaccare" con minacce di boicottaggio il giornale per aver pubblicato il mio articolo (che è ospitato in un blog personale ed indipendente); com'è noto, il pensiero del singolo non sempre ricalca quello della testata che lo ospita o dovrei pensare che numerosi quotidiani, trasmissioni televisive e persino telegiornali, siano "complici" dell'omeopatia solo perchè dedicano articoli, speciali ed intere pagine a questa pratica. Le reiterate minacce di boicottaggio sono una sorta di "invito al silenzio" di antica memoria: chi non mi appoggia non sarà gradito con estensione dell'invito a boicottare il giornale in edicola ai pazienti con tanto di comunicati nei vari ambulatori omeopatici, un ottimo esempio di civiltà e dialogo, da parte della presindentessa della SIOMI. Meno male che si parla di "integrazione" tra la medicina e l'omeopatia. Complimenti.

Ma chi è sicuro dei fatti, chi ha numeri, che bisogno avrebbe di minacciare un giornale? Questo dimostra una carenza di argomenti ed una ricerca di consensi che una pratica che cerca di presentarsi come scientifica dovrebbe evitare accuratamente e qui a parlare è il presidente di una società di omeopatia.
Ma va bene. Non va tanto bene invece il classico ricorso al "numero di medici e pazienti" che ricorrerebbero all'omeopatia. Vogliamo contare quelli che si rivolgono alla medicina? O contiamo, peggio, chi si rivolge ai cartomanti? Sono vecchi argomenti e pure debolucci, gli omeopati sono ancora fermi a questo? Non ha qualcosa di più...come dire..."solido"?

La dottoressa Bernardini si chiede "Cosa ne sanno i Suoi giornalisti dell’omeopatia? Del nostro lavoro di medici. Chi siamo?".
Beh, non sono giornalista (che poi, anche se lo fossi stato, cosa ci sarebbe di scandaloso, un giornalista non può parlare di medicina?) e non lavoro per "Il Fatto", quindi "non sono il giornalista di nessuno" (immaginami, collega, sul picco di una montagna, braccia ai fianchi, petto in fuori, foulard svolazzante al vento mentre pronuncio questa frase con tanto di eco che scompare gradualmente), conosco l'omeopatia perchè l'ho studiata: ho studiato le sue basi, la teoria, ne vedo spesso i risultati, ho studiato farmacologia, fisica, biochimica, fisiologia. Ho letto tantissima letteratura, ho una laurea in medicina identica alla sua.

Del lavoro di medico ne so qualcosa, è il mio lavoro e quindi credo di poter parlare di medicina, esattamente come lei e come gli iscritti alla sua società che non sono "medici due volte" ma medici e basta, senza "valori aggiunti" o tolti. Cara collega, prima di scrivere "lettere aperte" ufficiali a nome di una società medica le consiglio di informarsi meglio, approfondire, controllare e soprattutto saper discutere, invece di minacciare, è un esempio di correttezza che io cerco sempre di applicare nel mio lavoro, anche quello più leggero in rete, perchè le informazioni che diamo le leggono tutti. Che ne direbbe se io iniziassi la mia "risposta" scrivendo "rispondo alla giornalista della SIOMI" esprimendo tra l'altro una poco dissimulata supponenza?
Oltretutto, cara collega, anche l'autore dell'altro articolo che contesta assieme al mio è un collega, altro che "gggiornalista": medico, psicologo, professore universitario di biochimica, ex componente del CNR. Qui mi sa che non è il caso di ricorrere al principio di autorità, ce le suona a tutti e due...
Per capire che io e l'altro autore siamo due suoi colleghi bastava leggere sotto il nostro nome o andare nella pagina "bio" dove è presente una piccola biografia: dottoressa, lei parla ufficialmente a nome di un'intera società di medici e non fa nemmeno lo sforzo di informarsi bene?

Ma poi mi chiedo: ora che ha scoperto (grazie a me) che si trova di fronte ad un collega (anzi a due!), come la mettiamo? Ho vinto qualche cosa?
:)

L'indignata e sbigottita dottoressa Bernardini si pone delle domande:

"Lo sanno, ad esempio, che chi le sta scrivendo, indignata, è una pediatra, endocrinologo, che ha trascorso venti anni della propria carriera nel servizio sanitario pubblico?", questo è un ulteriore ricorso al principio d'autorità, in parole popolari, un ricorso a "chi ce l'ha più grande" (e qui evito facili ironie). Io sono un ginecologo, ostetrico, con due diplomi universitari europei che ha trascorso 16 anni (e più) della propria carriera nel servizio sanitario pubblico italiano e straniero, nelle università e pure negli ambulatori di medicina generale, sono stato medico del 118 ed ho lavorato anche nel privato, nei pronto soccorso ed in guardia medica. In più la Boiron mi ha diplomato (con un corso on line) come omeopata certificato.
E allora?
Chi ce l'ha più grande? Sicuramente lei, collega, lo dico per cavalleria come può comprendere, ma non sono questi gli argomenti che possano far decidere se una pratica sia scientifica o meno, con i giusti argomenti io discuterei anche con il camionista, non vado certo in giro a chiedere il titolo di studio. Sul concetto di "stregoneria" che tanto la fa arrabbiare, le ricordo che, come ho scritto, è stata la British Medical association ad usarlo e non è nemmeno una notizia recente, si fosse informata meglio avrebbe cercato di comprendere le posizioni dei nostri colleghi inglesi (sono medici, non giornalisti mi raccomando, gli inglesi sono più suscettibili di lei!) invece di indignarsi solo oggi e con il direttore del "Fatto".

La collega poi si lancia in una serie di domande:

E’ proprio vero (perché non è vero) che c’è solo acqua fresca?

Certo che è vero, non lo sa? Prenda un granulo omeopatico oltre la 12CH e lo faccia analizzare, scoprirà cose incredibili, le darò un indizio: "numero di Avogadro".
Nell'articolo ho scritto proprio questo, in un rimedio omeopatico oltre la dodicesima diluizione, esiste solo il supporto che compone il granulo (o il liquido): zucchero o alcol quindi.
Ha prove che dimostrino il contrario? Gli omeopati sono capaci di smentire questi dati di fatto o devono per forza ricorrere alle contorsioni dialettiche? Questo lo sa anche lei, dai, perchè nascondersi, lo ha anche ammesso, come vedremo dopo.

E’ proprio vero (e non è vero) che non vi sono basi scientifiche, che non c’è letteratura scientifica?

Certo che è vero. Non esiste alcun motivo, scientifico, logico o pratico, che possa far soltanto ipotizzare, che un prodotto omeopatico possa avere effetti superiori al placebo sulla salute. Esiste quel numero di Avogadro che le dicevo prima (non ricordo se fosse un giornalista o un chimico, ma era italiano) che rende l'omeopatia un fenomeno paranormale. Esistono anche alcuni studi traballanti che dicono il contrario (tutti in riviste del settore...guardacaso) ma come sa la scienza è fatta di prove rigorose e controllate e gli studi più rigorosi confermano che un granulo di zucchero non possa curare alcuna malattia: la letteratura scientifica più corretta dice proprio questo, le leggi della chimica e della fisica fanno lo stesso, la pratica clinica lo conferma. Voi stessi, gli omeopati intendo, non riuscite a spiegare per quale motivo la vostra pratica dovrebbe funzionare!
Cosa vuole di più?

E’ proprio vero (ma non è vero) che siamo davanti ad un movimento di “visionari”?

Non lo so. Magari c'è qualcuno che davvero pensa, da sognatore, che un granulo di zucchero possa curare le malattie, io da medico so soltanto che, oltre a ritenerlo improbabile, questo davanti a me non è mai successo e le mie (solitarie) affermazioni sono confermate dagli esperimenti scientifici. Anche qui, che posso farci? Io ai miei pazienti devo offrire verità, pratiche scientifiche, non filosofie e lo stesso dovrebbe fare la collega Bernardini, la quale, nell'impeto della "lettera aperta" dimentica le nozioni di fisica, chimica e fisiologia che lei ha studiato esattamente come me, tanto che è consapevole della realtà. Lei stessa infatti alla domanda postale in un'intervista:

"se l’omeopatia funzionasse andrebbe contro tutti i principi della fisica, della chimica e della biologia: dopo 12 diluizioni centesimali è acqua diluita con acqua."

Rispondeva:

"Ha ragione. Ma questo è un problema più della fisica che dell’omeopatia".

Ma non ha appena scritto indignata e sbigottita che non è vero che un rimedio omeopatico contenga solo acqua?
Cosa è successo nel frattempo?
Nuove conquiste della fisica? Nuovi capitoli di chimica? Non lo so e non mi spiego perchè lei non si indigna e sbigottisce allo stesso modo con se stessa.
Anche alla domanda:

"Ma com’è possibile che quest’ultimi funzionino?"

lei, dottoressa, risponde: 

"E chi lo sa? Non ci sono spiegazioni."
Non lo sapeva. Non ha alcuna spiegazione.

Ma allora perchè ora sbigottisce visto che ho scritto le stesse cose che lei mostra di conoscere benissimo? Cosa è cambiato in lei, cara collega? Quali stravolgimenti scientifici la fanno imbestialire così tanto per cose che fino a pochi mesi fa diceva anche lei?

Non ci sono spiegazioni, lo so, ma nel frattempo, le ha trovate?

Il mio articolo che tanto l'ha indignata serve semplicemente ad informare i pazienti (a cui lei sicuramente, come me, tiene più di ogni altra cosa al mondo, dopo i suoi cari) su ciò che si intende per omeopatia, su cosa contiene un granulo omeopatico, su cosa si basa la medicina che lei tanto difende. Perchè si indigna e minaccia?
Perchè fa la differenza tra "farmaci chimici" e "farmaci omeopatici", di cosa sono fatti quei granuli: di "energie sottili" o di sostanze chimiche? Cerchi di spiegarsi meglio, collega Bernardini, perchè se i granuli omeopatici non sono "chimici" cosa comprano i suoi pazienti? Si tratta forse di trasmissione del pensiero? O di altri strani fenomeni paranormali? A me sembrava semplice zucchero chimico, perchè non mi spiega dove sto sbagliando? Mi corregga, se capace.

Mi sorprende inoltre la sua osservazione sulla mancanza di "dati scientifici" nell'articolo. Come lei capirà il mio non è certo uno scritto indirizzato ai colleghi ma un articolo divulgativo e la sintesi (anche se un riferimento bibliografico l'ho inserito) è necessaria, mi sembra infatti che anche lei, a supporto delle sue contestazioni, oltre alla minaccia di non acquistare più "Il Fatto" in edicola, non sia andata, sarà un'intimidazione efficace (non per me, certo) ma non è scientifica.
Insomma, la sua risposta è nel più tipico stile degli omeopati, anzi, è proprio una risposta omeopatica: non contiene nulla oltre al supporto, nessun dato, nessun fatto, nessuna smentita a ciò che ho scritto, contraddice le sue stesse affermazioni e fa una rivelazione: i prodotti omeopatici non sono chimici.
Ho sempre sostenuto che se gli omeopati lavorassero in silenzio sarebbero molto più utili alla medicina ed alla società ma chissà perchè hanno l'abitudine di urlare, minacciare (ricorda il recente caso Boiron?), aggredire e finiscono per farsi male da soli.

Facciamo una cosa allora, egregia dottoressa, visto che lei ama le "lettere aperte", io le lancio una "sfida aperta", sarebbe l'occasione migliore per smentire una volta per tutte il fatto che l'omeopatia sia una stregoneria senza senso (così potrebbe dare una risposta anche ai suoi dubbi):

ci mettiamo tutti e due da bravi colleghi collaboranti, davanti a 20 granuli: 10 di zucchero e 10 omeopatici diluiti oltre la dodicesima diluizione. Lascio a lei scegliere il mezzo o il macchinario più adeguato. Dovrà dirmi esattamente quali sono i granuli di zucchero e quali gli omeopatici. Accetta? Basta un sì o un no, così evitiamo infinite discussioni ed acrobazie parafisiche e rendiamo un servizio ai pazienti. Sono sicuro che per lei, presidente di una prestigiosa società omeopatica e sbigottita davanti alle mie affermazioni, sarà un esercizio semplicissimo che in un sol colpo metterà a tacere tante leggi scientifiche che sembrano darle torto. Informerò i miei lettori della sua decisione, passata l'indignazione saremo tutti lieti di capire da che parte è la verità.

Se accettasse, con mia estrema soddisfazione, sarà la prima volta che medici ed omeopati si scambino costruttivamente le proprie conoscenze, se non dovesse farlo sarei dispiaciuto ma a quel punto la inviterei a non scrivere lettere aperte ed indignarsi, solo perchè qualcuno ha il coraggio di spiegare al pubblico cos'è l'omeopatia e di cosa contiene un granulo con diluizione oltre la 12CH: nulla.
L'aveva detto anche lei, d'altronde.

Cordiali saluti.

Nota: Il link al presente articolo è stato inviato alla segreteria della SIOMI via mail indirizzata alla dottoressa Bernardini.

Aggiornamento 28/04/12: Nessuna risposta da parte della dott.ssa Bernardini alla mia mail del 21 aprile 2012. Le ricorderò un'ultima volta la "sfida" ed in mancanza di risposte la considererò rifiutata. Forza dottoressa, coraggio!
:)

Aggiornamento 04/05/12: Nonostante un secondo messaggio (inviato via mail il 28/04/2012) la dottoressa Bernardini non si esprime e resta in silenzio senza rispondere alla mia proposta.
Tutto ciò mostra com'è facile indignarsi inviando lettere e criticando il prossimo (inanellando peraltro una serie di strafalcioni impressionanti) per poi non avere il coraggio di dimostrare le proprie posizioni personalmente. L'ennesima occasione persa per gli omeopati.

venerdì 20 aprile 2012

Convegno: Esiste una medicina alternativa?

Piccolo resoconto del convegno di Padova dal titolo "Esiste una medicina alternativa?", organizzato dal CICAP Veneto, sono appena tornato.
Organizzazione impeccabile, sala gremita, pubblico attento e piacevole conversazione finale.
Gli argomenti trattati sono stati quelli che tratto di solito con qualche sorpresa che non dispiace mai.
Una veloce spiegazione di cosa significa scienza, di cos'è un esperimento e di come ridurre gli errori. Un riassunto di cos'è l'omeopatia e dei motivi del suo (presunto) successo e la storia di Jorge Odon, il meccanico argentino che ha visto la sua invenzione (uno strumento ostetrico) sperimentata in vari ospedali del mondo (anche in Italia) e studiata persino dall'OMS: una bella risposta per chi dice che le lobby e le multinazionali impediscono l'innovazione, soprattutto se economica, è curioso infatti notare come un anonimo meccanico di Buenos Aires veda la sua idea sperimentata negli ospedali di tutto il mondo mentre decine di "geni incompresi" che avrebbero trovato la cura del cancro non riescono a farla sperimentare nemmeno nell'ospedale del proprio paesino, che i "geni" siano delle capre?

La storia la racconterò in un prossimo articolo.
Momento clou che ha suscitato qualche brivido la visione degli strumenti ostetrici del 1800, quelli che hanno fatto nascere le nostre nonne e mamme (e pure qualcuno del pubblico, che ha voluto "toccare" con mano un forcipe, lo strumento che ha fatto nascere una lettrice del blog). La rassegna dei trucchi dei ciarlatani (fotomontaggi, casi costruiti ad arte, finte guarigioni) è un classico che non ci si stanca mai di mostrare ed infine la storia del cetriolo cinese, lo studio che ho inviato e che è stato accettato al congresso mondiale di oncologia svoltosi in Cina: chi non conosceva la storia (ma anche chi la conosceva!) ha riso a crepapelle. Per finire un riassunto dei successi della medicina, da quelli sul cancro a quelli delle vaccinazioni fino a porsi qualche domanda di tipo etico: fino a che punto è giusto "curare"?

Facce nuove, vecchie, qualcuno che conoscevo solo virtualmente e che ho avuto piacere di conoscere personalmente, tante dimostrazioni d'affetto. Rappresentate tutte le fasce di età e piccolo spazio finale per le domande. Non sarà diffuso alcun video del convegno (effettuate delle riprese d'archivio) mentre se dovessero arrivare fotografie le pubblicherò.

Io mi sono divertito.

Alla prossima.

giovedì 12 aprile 2012

Ci vediamo a Padova?

Il 19 aprile, alle ore 18,00, terrò una conferenza a Padova dal titolo "Pseudoscienze in medicina" ovvero "Esiste una medicina alternativa?". L'incontro si svolgerà presso la sala ai caduti di Nassiriya del CdQ1 Centro di Padova. Ingresso da sotto la Torre dell'Orologio
Il convegno, aperto al pubblico e ad ingresso gratuito (ma i posti sono limitati...), è organizzato dal Cicap Veneto nel contesto di una serie di conferenze che spiegano gli inganni della mente, la scienza e le pseudoscienze.
Nel mio caso l'argomento è quello che tratto nel blog, cosa vuol dire scienza e ricerca, la differenza tra la scienza medica e la spazzatura venduta per scientifica, i trucchi dei ciarlatani ed un esempio di come il "complotto" invocato da tanti di loro per giustificare il disinteresse per le loro truffe sia solo un pretesto per giustificare il loro fallimento. Persino un meccanico è riuscito a fare studiare dall'OMS uno strumento medico di sua invenzione già sperimentato in diversi ospedali del mondo.


Insomma, esiste una medicina alternativa? Una medicina per definizione serve a migliorare la salute, quali sono i risultati di quelle che qualcuno chiama "pratiche alternative"? A cosa servono e su cosa si basano? Questi presunti risultati sono attendibili?
Chi segue regolarmente il blog forse risentirà argomenti già trattati ma ribadire certi concetti non fa mai male.
In ogni caso sarà una buona occasione anche per conoscerci di persona, stringerci la mano e fare due chiacchiere. Se riuscirò ad organizzarmi porterò con me qualche strumento ostetrico da collezione, alcuni "da brivido", giusto per vedere con i propri occhi cosa trovavano in ospedale i nostri antenati.
Naturalmente sono invitati anche gli "alternativi" che se civili ed educati non possono che stimolare la discussione.

A presto!

lunedì 2 aprile 2012

Che male fa? La storia di Daniel Hauser

Questa è la storia di Daniel Hauser e si svolge nel 2009 nel Minnesota (Stati Uniti).
Daniel è un ragazzino di 13 anni nel pieno della sua vita. Alcuni disturbi inducono i suoi genitori a consultare il medico di famiglia che, visti i risultati dei controlli, li spinge a rivolgersi all'ospedale principale di Minneapolis. La diagnosi è terribile: linfoma di Hodgkin.
Si tratta di una forma tumorale molto grave che però negli ultimi anni, grazie alle terapie che consistono essenzialmente in trattamenti chemioterapici e radioterapia, ha raggiunto una sopravvivenza particolarmente elevata (oltre l'85% a cinque anni). Dopo il comprensibile disorientamento Anthony e Colleen, rispettivamente padre e madre del ragazzo, riflettono sulle scelte del caso. Sono due seguaci delle medicine alternative e adepti di un culto pseudoreligioso che si riferisce a credenze degli indiani d'America, una sorta di setta che si chiama Nemenhah il cui leader si definisce naturopata e guaritore (sconsigliando le cure standard per affidarsi alle sue, anche per i tumori).
I genitori di Daniel prendono la decisione peggiore appena finito il primo ciclo di chemioterapia dichiarano di rifiutare i successivi ricoveri in ospedale e le cure per il figlio, affidandosi ai ciarlatani che consigliano il solito "miscuglio" di vitamine, omeopatia, integratori e diete. Dopo una ricerca su internet, alla "cura" iniziale fu aggiunta "acqua ionizzata" per "alcalinizzare il pH sanguigno" (una delle tante bufale di internet).

Il caso negli Stati Uniti ha fatto scalpore perchè, vista la minore età del ragazzo, la giustizia dello stato americano ha disposto la cura "coatta" di Daniel, obbligando i genitori a sottoporlo ai trattamenti standard. Fu un caso molto dibattuto, sia per l'aspetto etico (è giusto che un tribunale decida al posto dei genitori per un minore?) che per quello medico (se i genitori sono convinti della validità delle cure alternative, è giusto che un tribunale li obblighi a rigettare le loro convinzioni?) ma anche religioso, la madre di Daniel dichiarava che alla base della sua decisione c'era anche la convinzione di seguire le norme del suo "guru". Il padre al contrario, cercava di sostenere la tesi "psicologica": Daniel era stato traumatizzato dalla morte di un suo zio che, dopo alcune sedute di chemio per un tumore che lo aveva colpito, era morto.

Fu battaglia, nei media e nei tribunali: perizie, medici, avvocati, ognuno diceva la sua e si formarono anche degli schieramenti nell'opinione pubblica con le parole di Daniel in tribunale che diventavano slogan nelle manifestazioni: "Sono contrario alla chemioterapia perchè distruttiva e velenosa [...] nessun uomo può interferire con il mio percorso spirituale".
L'elemento che giocò il ruolo più importante nella vicenda fu lo stadio del tumore di Daniel, non era avanzato, con un trattamento immediato e con chemioterapia e radioterapia Daniel aveva altissime possibilità di sopravvivenza, al contrario "curarsi" con le medicine alternative lasciava un risicato 5% di possibilità di sopravvivenza a cinque anni, quello stimato come "remissione spontanea" per la malattia che aveva colpito il ragazzo.

Daniel Hauser con la madre Colleen
La storia non finì così perchè padre e madre di Daniel non si presentarono all'udienza finale del processo e fuggirono da Minneapolis rifugiandosi in California, evitando così l'applicazione delle misure decise dal giudice. Dallo stato americano la famiglia Hauser aveva intenzione di raggiungere Tijuana, in Messico, patria e sede delle più note cliniche di medicina alternativa del continente americano. Il padre, rimasto a casa, assicurava che era sua intenzione convincere la moglie a riportare il ragazzo a casa, a patto che la chemioterapia fosse accompagnata dalle medicine alternative: "all'ultimo controllo il tumore era raddoppiato di dimensioni, sono sicuro che mia moglie tornerà", disse Anthony Hauser.

Nonostante le intenzioni del padre, di Daniel e della madre si erano perse le tracce: erano di fatto ricercati dalla polizia ma di loro nessuna notizia. I circuiti "alternativi" americani organizzarono anche delle raccolte fondi per permettere a madre e figlio di nascondersi e poter proseguire le loro cure alternative. Tutto durò una settimana, madre e figlio tornano a casa in aereo ed accettano il ricovero in ospedale per eseguire le cure imposte e scortati dall'avvocato rilasciano dichiarazioni caute ma convinte "è stata la sentenza a farci essere qui, noi restiamo della nostra opinione".

Daniel si ricovera e viene sottoposto a tutti i trattamenti previsti.
Oggi è vivo e considerato libero dalla malattia.

Dopo un anno dalla vicenda, Anthony, il papà di Daniel viene colpito da leucemia. Preferisce curarsi con metodi alternativi (ed essendo maggiorenne ha tutta la possibilità di rifiutare altre cure) ma muore ad agosto del 2011.
L'eco del caso non è ancora del tutto spenta anche perchè dopo Daniel altri bambini sono stati sottratti a cure provate dai genitori convinti "olistici" con finali molto meno "lieti".

Questa è una storia come un'altra e forse più che sulla vicenda si dovrebbe discutere sul provvedimento del giudice, anche perchè un caso del genere prima o poi potrebbe accadere anche nel nostro paese.

Alla prossima.